By Fabrizio Colarossi
Proviamo a dare un Inquadramento ed una Chiave di lettura alla nuova delibera del Comune di Roma, datata 14 dic. 2021, prot. 210467
Il Punto dell'Avv. Giuseppe Minutoli
Affrancazione Piena Proprietà, aggiornamenti dal Comune di Roma
La delibera si pone all’interno di una discussione che dal 2015, anno di pubblicazione della sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 18135/2015.
Tale sentenza contrapponeva i pieni proprietari di immobili costruiti in PEEP al Comune di Roma nel merito dell’Affrancazione degli Immobili in Piena Proprietà dall’origine o trasformati.
A seguito della citata sentenza, il Comune aveva emesso diverse delibere ed in specie la 33/2015, la 40/2016, nonché la 108/2016.
Queste delibere, nel recepire le direttive e le interpretazioni giuridiche della Cassazione, estendevano i suddetti principi anche ai soggetti titolari di immobili acquisiti sin dall’origine in diritto di proprietà ovvero trasformati nel corso degli anni da diritto di superficie in proprietà piena.
Il Comune riteneva che anche questi immobili, alla luce delle disposizioni date dalla legge 106/2011, così come, secondo lui, interpretate dalla Cassazione, non fossero liberati.
Pertanto dovessero corrispondere un diritto di affrancazione al Comune di Roma per poter essere liberamente commercializzati e/o venduti a terzi.
In caso contrario, gli stessi, non potevano essere locati e/o venduti se non ad un valore e/o prezzo stabilito nelle convenzioni ed in specie all’art. 14 delle stesse.
Le Prime Azioni da parte dei Proprietari
Sin dall’inizio i pieni proprietari dei suddetti immobili, nonché coloro che avevano
trasformato il proprio diritto di superficie in piena proprietà,
iniziavano due distinte azioni.
La prima di diritto Costituzionale mediante la sollevazione di una questione di legittimità costituzionale avverso l’art. 25 undecies del decreto-legge 23/10/2018, n. 119, convertito, con modificazioni, in legge 17/12/2018, n. 136, e art. 31, c. 49° bis, 49° ter e 49° quater, della legge 23/12/1998, n. 448, come modificato dal citato art. 25 undecies del d.l. n. 119 del 2018.
La seconda, mediante un ricorso al Presidente della Repubblica teso ad ottenere l’annullamento delle delibere 33/2015, 40/2016 e 108/2016.
Affrancazione Piena Proprietà - Illegittimità Costituzionale
Nel primo caso i proprietari sollevavano l’illegittimità costituzionale della norma.
Infatti, a dire dei ricorrenti, l’art. 25-undecies del d.l. n. 119 del 2018, violava gli artt. 3, 24, 42, 47, secondo comma, 77, secondo comma, 101, 102, 104, 111 e 117, primo comma, della Costituzione.
Quest’ultimo, in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, nonché all’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.
Affrancazione Piena Proprietà - Illegittimità Amministrativa
Nel secondo caso i ricorrenti, molto sinteticamente, chiedevano l’annullamento delle delibere.
In quanto, a loro dire, erano viziate da illegittimità amministrativa poiché disponevano il permanere e il mantenimento di determinati vincoli nei confronti di immobili che, per le condizioni stesse previste all’interno della legge 865/71, della legge 448/98 e del DPR 380/2001, nonché delle convenzioni stesse, dovevano decadere al raggiungimento del 20 anno.
Sostenevano che tali condizioni non fossero ne state rimosse dalla legge 106/2011 ne negate dalla sentenza 18135/2015 della Cassazione.
Delle due azioni è questa quella che maggiormente ci interessa, in quanto le suddette posizioni, de relato, sono entrate all’interno del procedimento Costituzionale, il quale ha visto una lettura autentica della normativa.
Infatti, è doveroso dire che, durante la fase istruttoria presso il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla questione in nome e per conto del Presidente della Repubblica, il Ministero delle Finanze ha depositato ben due distinti pareri che accoglievano le ragioni dei ricorrenti e si contrapponevano alla lettura restrittiva data dal Comune di Roma, regolarmente costituitosi nel procedimento.
La Corte Costituzionale, di fatto, da ragione ai ricorrenti, in merito all'Affrancazione di Immobili in Piena Proprietà
A sua volta e poco prima che venisse emesso il provvedimento da parte del Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale al IX capitolo della propria sentenza, dava indirettamente ragione alla lettura espressa dai ricorrenti delle norme all’interno dei ricorsi per l’annullamento delle delibere 33, 40 e 108 del Comune di Roma, tanto che la Corte affermava:
“Occorre, poi, considerare che il termine per l’affrancazione – peraltro presente nell’art. 31, comma 49-bis, della legge n. 448 del 1998, sin dalla sua introduzione ad opera dell’art. 5, comma 3-bis, del d.l. n. 70 del 2011 – si mostra coerente con l’opzione di fondo per la non perpetuità dei vincoli, che emerge dalla legislazione in materia di edilizia convenzionata e di cui si ha significativa conferma non solo nella previsione, già nell’originario impianto della legge n. 865 del 1971, di un termine ventennale per l’eliminazione del vincolo di inalienabilità degli alloggi concessi in piena proprietà (art. 35, comma diciassettesimo), ma anche nella successiva introduzione di moduli consensuali, come le convenzioni per la trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà e per la sostituzione dei vincoli originari con quelli della convenzione ai sensi dell’art. 18 del d.P.R. n. 380 del 2001, disciplinate dall’art. 31, commi 45 e 46, della legge n. 448 del 1998, dalla cui adozione deriva anche una riduzione della durata del vincolo del prezzo massimo di cessione”
Il Comune di Roma accoglie il principio ribadito dalla CC e si appresta a modificare le determine precedenti
In definitiva la Corte Costituzionale ribadiva che trascorsi 20 anni dalla convenzione il vincolo del prezzo massimo di cessione e/o locazione, per i proprietari pieni dell’immobile, spariva, in quanto il suo permanere avrebbe rappresentato un quid vessatorio ed ingiustificato.
Stante quanto sopra, il Comune di Roma, per il tramite della nuova giunta, ha, celermente, accolto il principio e modificato le precedenti delibere e disposto la decadenza di qualunque procedura di affrancazione per i proprietari degli immobili di cui sopra e contestualmente ha disposto che nei casi sopra menzionati, con il perfezionarsi del 20 anno dalla convenzione, non sia necessario neanche alcun atto notarile/convenzionale che disponga la liberazione del bene che avverrà ispo facto.
L’importanza della delibera è enorme per tre motivi fondamentali
In primis viene a sanare tutta una serie di situazioni inerenti ben 14 piani di zona e consente una sanatoria, addirittura retroattiva, per coloro che negli anni pregressi avendo disposto dei pagamenti, che allo stato attuale non appaiono dovuti, potranno richiedere eventuali rimborsi.
In secundis elimina un iter burocratico che vedeva spesso le domande dei cittadini ferme per mesi e mesi presso gli uffici Comunali in attesa di una determina che gli consentisse la liberalizzazione del bene.
Terzis abbatte dei costi sia nei confronti del Comune, a cui non si dovrà più alcunché ma anche verso il professionista notaio che precedentemente era chiamato a disporre la nuova convenzione di affrancazione immobiliare.
Tale prerogativa, alla luce anche della legge 108/2021, consentirà a tutti i soggetti che si trovino in diritto di superficie e in una prima fase all’interno dei 14 piani di zona conclusi, di poter richiedere la trasformazione e una volta ottenuta di poter liberamente gestire il proprio immobile, in quanto quasi tutte le convenzioni, in suddetti casi, sono state redatte prima dell’anno 1990.
Stante quanto sopra e rimane a disposizione per chiarimenti ed affiancamenti per una richiesta di trasformazione, si spera di essere stato chiaro ed esaustivo
Roma 27 dic. 2021 Avv. Giuseppe MINUTOLI
Grazie per aver letto l’articolo.
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